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martedì 17 dicembre 2013

Maestro d'ascia Monopolitano,Saponaro Vincenzo



Fam.Saponaro  Maestri d'ascia anni 60

L'arte del maestro d'ascia affonda le sue radici lontano nel tempo,da quando l'uomo ha iniziato a costruire piccole imbacazioni per poter spingersi lungo la costa e pescare sia per trarne sostentamento che per intraprendere veri e propri scambi commerciali.
A Monopoli l'arte del maestro d'ascia giunge quasi certamente dai greci e romani che con le loro imbarcazioni approdarono nel porto di Egnazia,ma divenne un vero e proprio mestiere con il dominio dei veneziani nel XVI secolo,essendo quest'ultimi abili maestri nel costruire navi di ogni tipo e dimensione.
A favorire la costruzione delle navi fu anche l'enorme disponibilità di materia prima,il legno che proveniva dalla selva di Alberobello,ma anche dai boschi di Noci,Putignano e Gioia del Colle.Fino al 1600 il maestro d'ascia riassumeva in sè tutte le mansioni previste per la costruzione di una barca:la progettazione,la costruzione e la revisione finale,essendo l'unico detentore delle conoscenze che provenivano unicamente dalla sua esperienza e magari tramandate di padre in figlio.
A partire da questi anni e per tutto il secolo successivo,vi fu un proliferare di stusul campo;le discipline tecniche cominciarono ad occuparsi della progettazione delle navi,stilando i primi progrtti e creando di fatto una vera e propria competizione con le potenti famiglie dei maestri d'ascia che fecero di tutto per ostacolarne l'ascesa,temendo la perdita della supremazia.Naturalmente le richieste del mercato richiesero figure sempre più esperte ed una maggiore divisione del lavoro che non esclude il maestro d'ascia,detentore di un sapere prezioso,ma accentuò molto la presenza di figure professionali che si impegnarono nella progettazione.
 
Basti pensare che nel secolo appena trascorso,al legno si affiancorono altri materiali quali la vetroresina,l'acciaio,il compensato marin,il ferro cemento ed anche innovazioni in campo tecnico per l'alaggio e il varo di imbarcazioni di grandi dimensioni. La professione è attualmente definita dal codice navale.L'articolo 280 del regolamento afferma che il maestro d'ascia è abilitato a costruire e riparare navi e galleggianti in legno di stazza lorda non superiore alle centocinquanta tonnellate.Per conseguire l'abilitazione all'esercizio di tale professione occorre aver compiuto i ventuno anni di età,non aver riportate condanne
penali,aver lavorato per almeno trentasei mesi come allievo maestro d'ascia in un cantiero o stabilimento di costruzioni navali.
Monopolitanodoc


fonte:Cantieri famglia Saponaro
"Mare,Marinai e Maestri d'Ascia Monopolitani" di Saponaro Vincenzo,AGAM Edizioni,2009

testo a cura di Maria Marzolla

foto a cura di Angela Marasciulo

Servizio Civile 2012-Comune di Monopoli<<Progetto espressioni d'idendità>>,04 Giugno 2013

sabato 14 dicembre 2013

Equipaggio piroscafo Maria Dormio di Bari

EquipaggioVogliamo concludere con una foto da non considerare storica ma quantomeno interessante.
Questo è l'equipaggio di una delle prime navi attraccate nel porto di Mariupol, era l'anno 1983, gli anni dell'apertura ai traffici commerciali verso l'Europa e questa una delle prime navi italiane a fare rotta continua tra i porti italiani e Mariupol.
Se qualche marinaio di questo equipaggio si riconosce sarebbe bello avere le loro impressioni su questi viaggi.
Monopolitanodoc
http://www.ucrainaviaggi.com/marport-equipaggio.php

Piroscafo Giuseppe Dormio

piroscafo Giuseppe Dormio

Il piroscafo Giuseppe Dormio era costruito a Glasgow nel 1904 per la compagnia Russa FC Zvorono con l’nome Italia. Con tempo la nave aveva cambiato piu’ armatori. Nel 1928 e stata acquistata dall’armatore Barese Giuseppe Dormio che gli ha dato il suo nome. Dopo l’armistizio del ‘43 la nave era passata in mano tedesca. Gestita dalla compagnia Mittelmeer Rederei Trieste. Era a disposizione delle forze armate tedesche. Dormio era un classico esempio di costruzione well deck, come d'altronde anche Luana che erroneamente anche adesso e’ chiamata Dormio. La nave era 72 metri lunga e 12 metri larga, era un classico esempio di mercantili di quel epoca. Affondata il 11 agosto del ’44 saltata su una mina nel Quarnero. Purtroppo 6 marinai morirono nella tragedia.
La nave affondo’ a sud di Fianona sul attuale tragitto di mercantili da e per Fiume. Forse anche qua la ragione perche’ per un bell’ periodo di tempo e rimasta poco visitata e sconosciuta ai sub. Le prime informazioni sul relitto ci arrivano dai pescatori di Fianona che parlavano di un relitto in zona, forse un aereo. Il punto lo abbiamo trovato dopo circa un ora di ricerca. La prima immersione era in programmata per giugno. Oliver ci ha portato sul punto. Una volta trovato sul ecoscandaglio buttiamo la sagola. Massimo ed io ci buttiamo in mare e cominciamo la discesa. Il fondo e 62 metri, la coperta 58. La sagola ha beccato il castello di poppa in pieno. E qui’ la prima sorpresa. Dalle foto in possesso non ci doveva essere un castello di poppa. Sul fondo non ce corrente e la visibilita’ e buona. Una decina di metri. La nave e in assetto di navigazione con la prua verso Fiume. Proseguiamo seguendo il fianco destro della nave verso la prua. Sul fianco si vede una rete a strascico. Proseguiamo e arriviamo a prua. Praticamente tutta la prua fino al albero e coperta dalla rete. Adesso seguendo il fianco sinistro proseguiamo verso la poppa. Cerchiamo di ricordare piu’ dettagli possibile per poter identificare il relitto. Scendiamo sotto la poppa. L’elica e quasi completamente nel fango. Un altro giro su poppa e cominciamo a risalire. Una volta in superficie ne discutiamo. A parte il castello di poppa tutto quadra. Parlando con il giornalista Marijan Zuvic di Spalato, un esperto di navi, vengo a conoscenza dell’ fatto che le modifiche di queste navi erano frequenti in tempi di guerra. Probabilmente anche sul Dormio e stato aggiunto il castello di poppa con una mitragliatrice. Il dubbio resta.
Luglio e agosto non lasciano molto tempo a immersioni esplorative. Ci torniamo i primi di ottobre. Buttiamo la sagola. In acqua Andrea, Giovanni ed io. Purtroppo gia a 50 metri ci imbattiamo in un banco di nebbia. La corrente sul fondo ha alzato il sedimento e ridotto la visibilita’ ad un paio di metri, forse due. Di nuovo abbiamo beccato la poppa. Dopo circa mezzora d’immersione sul relitto il dubbio rimaneva. La visibilita’ era cosi brutta che non eravamo in grado di identificare il relitto. Dopo l’immersione tutti d’accordo su fatto che per essere certi dobbiamo tornarci e trovare una prova che questo sia veramente Giuseppe Dormio. Troppe volte e capitato che relitti erano erroneamente identificati. Speriamo di tornare al piu’ presto su Giuseppe Dormio ho forse un relitto sconosciuto


http://www.krnica.com/i/olupine2.asp?page=4

giovedì 12 settembre 2013

"U sgamme-tent" Venditore ambulante di biancheria tipico Monopolitano

ft-web
ft-web
Emblematico, da questo punto di vista è ciò che si verifica in campo economico, negli anni 60/70,con  l'emergere di un ceto mercantile, detto degli "sgambettante"(termine vagamente  spregiativo, che rimanda all'arte di fare il "pacco"(fregare e scappare subito,cioè di vendere a prezzi alti merce di scarso valore),che in poco tempo avrà uno sviluppo enorme in  città. I commercianti partivano da Monopoli con automobili e furgoni pieni di biancheria di scarso valore per andarla  a vendere nei paesini  della Basilicata, della Calabria della Sicilia non è una novità di quel periodo. Ma è sul finire degli anni '70 che questo lavoro viene eletto a sistema, soprattutto da parte di giovani in cerca di prima occupazione. L'enorme dimensione assunta  dal commercio ambulante è infatti la cartina di tornasole di quella mancanza di progettualità che  il mestiere dello sgambettante non sia più solo  attività economica che pure ha l'indubbio merito di fare da valvola di sfogo alla disoccupazione, specialmente  quella giovanile. La caratteristica (guadagno relativamente facile, lavoro concentrato in tre o al massimo quattro giorni della settimana, ampio tempo libero) lo fa diventare stile di vita che  risponde alla filosofia del tutto e subito e del godimento personale o al massimo familiare di beni di lusso.
Monopolitanodoc
fonte: Monopoli nel '900 di Mimmo Muolo, Domenico Brigida, Martino Cazzorla, Giuseppe Cionti, Vito Intini.

 

martedì 27 agosto 2013

Il borgo,la piazza principale della città di Monopoli.


Il borgo,la piazza principale della città di Monopoli è il palcoscenico dei monopolitani.
Il borgo  venne concepito come piazza moderna, luogo di incontro e di vita dei  monopolitani. I suoi 22.000 mq ne fanno una delle piazze più belle e più grandi di Puglia. I lecci sono piantati nel 1893,mentre la piazza è stata ripaventata ultimamente. Il Ventennio fascista vi  costruì due monumenti. Da un lato la fontana, con tutti gli elementi e i rilievi della retorica  nazionalistica, e dall'altro il Monumento ai Caduti, inaugurato il 24 maggio del 1928 in onore dei 300 caduti monopolitani della Prima Guerra Mondiale. Artista fu Edgardo Simone da Brindisi. Angelo Saponara. Attorno vi è la catena recuperata dall'ancora della corazzata "Benedetto Brin".
La statua del fante combattente, nella prima versione , cadde durante la sistemazione e fu  sostituita, nella nuova versione dell'eroe vittorioso,dal concittadino scultore

fonte: Monopoli nel 900,un secolo di occasioni perduti! di: Mimmo Muolo, Domenico Brigida, Martino  Cazzorla, Giuseppe Cioni, Vito Intini.
Edizioni Vivere in.
Monopolitanodoc

venerdì 23 agosto 2013

Il gozzo di Monopoli "Premio Città di Monopoli"



Modellino Gozzo di Monopoli "Premio Città di Monopoli"
L’ALBO D’ORO: Le origine del premio risalgono al 2001 con "Monopoli che Lavora". Dal 2005 la manifestazione è diventata "Premio Città di Monopoli" con la consegna del gozzo ai monopolitani che si sono distinti nel loro settore, molto spesso fuori dai confini cittadini. Nel 2009 il "Premio" diventa regionale.

 

Emanuela Folliero la madrina della nona edizione del "Premio Città di Monopoli" in programma venerdì 19 luglio alle ore 20,30 a Cala Batteria. La manifestazione evento è organizzata da Canale 7 ed è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Monopoli con il patrocinio della Provincia di Bari.

La Folliero affiancherà Gianni Tanzariello nella conduzione del premio che assegna i riconoscimenti ai pugliesi che, nel corso della loro vita professionale, si sono distinti in diversi settori a livello nazionale e internazionale.

Cinque le categorie interessate: cultura, informazione, spettacolo, imprenditoria e giovani. Più un premio speciale alla carriera assegnato dall’Amministrazione Comunale. I nomi dei premiati, rigorosamente top-secret, saranno svelati nel corso della serata. La scelta dei vincitori è stata affidata al lavoro di altrettante commissioni.

Non mancheranno momenti di spettacolo con alcuni ospiti musicali ed esilaranti sketch con Dino Paradiso, uno dei giovani talenti della comicità italiana. L’intera serata sarà accompagnata dalle note della Sun Sea Big Band diretta dal M° Leonardo Lozupone.

«Il premio, rappresentato da un gozzo», sottolinea Gianni Tanzariello, patron della manifestazione, «vuole essere un attestato di stima ai pugliesi che, con il proprio operato, si siano distinti in Italia o nel mondo valorizzando la nostra regione grazie a capacità, entusiasmo e professionalità; un incoraggiamento a continuare un’opera preziosa per sé stessi e per tutta la collettività».

Gozzo Monopolitano,14 palmi disegno Vincenzo Saponaro
Monopolitanodoc

http://www.canale7.tv/news/il-premio-citta-di-monopoli.html#.UhfSz-BH7Mw
 


domenica 12 maggio 2013

Mobili pronti-commenciante tipico monopolitano

A Monopoli, inizio anni 50 ,esisteva in via G. Garibaldi (la strada dei mercanti) un negozio con l'insegna "Mobili Pronti"  a l'epoca fu  una grande novità' esposizione di mobili già pronti per chi si doveva sposare o che aveva  una certa fretta o altro, bastava andare da lui ordinare  e pagare subito chi aveva la disponibilità  o come capitava spesso firmare cambiale , era un grande lusso recarsi da lui. Solitamente chi era in procinto di sposarsi si organizzava molto tempo prima anche qualche anno, i famigliari degli sposi si recavano da falegnami-mobilieri e  ordinavano "La camera da letto" era  più importante, il resto dei mobili era  una cosa spartana, poi c'era l'usanza, l'obbligo, dovere ,dello sposo e della sposa cosa portare in dote, solitamente la camera da letto toccava alla sposa, poi subentrava anche  la provenienza di residenza degli sposi  complicando ulteriormente . al commerciante, da allora divenne il suo soprannome , per essere riconosciuto  veniva chiamato "Mabil prant" ( mobile pronto) nonché era  in uso dire la frase per chi aveva fretta "se mou vegh da mabil prant"(si adesso vado subito da mobile pronto).
MR-Monopolitanodoc




 

sabato 16 marzo 2013

Monopolitanodoc chi si riconosce?classe V ,anno 1965/66

 
 
Chi si riconosce?
classe V, anno 1965/66

Foto della,V classe , scuola elementare,anno scolastico 1965/66,c/o  edificio scolastico San Leonardo.
Appello:prima fila muro da sinistra:Todisco Carlo,Danese Raffaele,Leggiero Nicola,Fortunato Francesco,Selicato Gioacchino,Dendice Vito, Perrelli,Bagnardi,Grassi,Santostasi,Rota Antonio,
Appello:seconda fila da sinistra:Palmitessa Donato,Patruno Giuseppe,Scarafino Donato,Io Mario Rizzo,Mirizio Nicolò,Salerno Cosimo,Malerba Ignazio,Oliva Nicola,Otello Raffaele,Marasciulo Luca,Pepe Paolo,Tigre Vincenzo,Il Preside,il maestro Alò Stefano.

 

domenica 10 marzo 2013

Pasquale Scidurlo"Linos" Artista Monopolitanodoc


Pasquale Scidurlo"Paschel","Linos",
artista Monopolitano-doc, persona dal Cuore grande.


Pasquale Scidurlo" Paschel"
Sono rimasto molto dispiaciuto ad apprendere la morte di Pasquale Scidurlo "Paschel" in arte "Linos" a Monopoli era molto conosciuto e popolare. Paschel come ho appreso dai media locali, da qualche tempo combatteva con un male incurabile che lo ha colpito, l'ultima volta che ciò parlato è stato a Novembre 2011,in occasione delle mie rare rimpatriate visite nostalgiche alla mia amata Città Monopoli, camminando per via Garibaldi all'incrocio di via S. Angelo vedo Paschel era fuori dall'uscio della sua bottega, giornata di sole, col banchetto a creare personaggi con gusci di: noci, nocciole, tappi di sughero, stuzzicadenti, colla vinavil, e quant'altro materiale che ritenesse utile allo scopo, io rimasi a guardare il suo modo di creare. E in quell'occasione mi disse che stava lavorando alla preparazione dei presepi artistici ,invitato ad Isernia per una mostra sui presepi artistici usando materiale povero riciclato, dire bravo e poco, Maestro Si!. Su questo posso dire che Paschel, l'ho conosciuto sin dall'età scolare, io ho sempre avuto un debole per la manualità artistica per li legno, che creo tutto,grazie a Paschel dandomi tanti consigli come sa fare solo un vero Maestro "Mest" ,nella sua bottega di falegnameria in via Barbacane, perché Pasquale Scidurlo" Paschel" era un falegname ebanista ,già d'allora era un falegname di: idee moderne, innovativo, sperimentale, alle nuove mode di arredamento domestico abitativo, era il tempo delle cucine Salvarani, lui li riproduceva con stessi colori pastelli in (formica allora, oggi laminato),anni 60/70,la differenza che quelli di Paschel era vera opera (arte-artigiana), da lui ho costruito il mio primo modello navale l'incrociatore "Andrea Doria" della M.M.I. che questo modello l'ho dato alla A.N.M.I. sez. di Monopoli(BA),e poi...tutto il resto E'...storia di vita....Grazie Paschel! di tutto quello che mi ai insegnato!!!!...e...
monopolitanodoc.


blog di Scidurlo  Pasquale

Come hanno annunciato e scritto alcune delle testate di  stampa locale per la morte di Pasquale Scidurlo "Linos"   

L'artista, Pasquale Scidurlo, ama il mare. Ma ama soprattutto la natura, tanto che le sue opere sono state anche quella serie di pannelli che raffigurano masserie pugliesi, opere esposte ad aprile a Polignano. Il Linos pittore è tutt'uno con il Linos scultore: nascono così questi pannelli modernissimi, che hanno la sagoma dei castelli, dei trulli, degli affacci sul mare e il colore della fantasia. È proprio il sogno la dimensione in cui Scidurlo ama creare. Un artista poliedrico, che passa da una tecnica all'altra mantenendo il suo comune denominatore: il colore acceso, quasi irreale. Le forme cromatiche simboliche che accennano a sagome di fiori sono tutt'uno con le sculto pitture in legno, in cui il pittore e scultore monopolitano riproduce paesaggi con la propria personale interpretazione cromatica. La "fatica" di Pasquale Scidurlo nel costruire la sua opera d’arte ricorda quel lavoro "legnoso" degli artigiani del mare, i "Mest d’asc" che costruiscono le barche, che creano dal legno il viaggio per mare. Anche Linos ha creato dal legno il viaggio della fantasia e realisticamente naif - i suoi fari in legno sembrano già profumare di salsedine I materiali riciclati artisticamente di Linos (Pasquale Scidurlo)MONOPOLI - Un nuovo lutto sconvolge la città di Monopoli. Ieri sera, infatti, stroncato da un male incurabile si è spento l'artista Pasquale Scidurlo, detto Linos. E' stato ambasciatore della "monopolitanietà" in Lussemburgo, ove risiedono migliaia di emigranti, ha promosso numerose iniziative tese alla valorizzazione della storia, dell'arte ed in generale della cultura locale. Recentemente aveva aperto alcune botteghe d'arte nel centro storico, molto apprezzate dai monopolitani e dai turisti. La salma di Pasquale Scidurlo è vegliata presso la chiesa di Santa Maria Amalfitana, i funerali saranno celebrati questo pomeriggio alle 16.30 presso la chiesa di San Francesco d'Assisi.

http://www.faxonline.it/monopoli/cronaca/6010-addio-a-pasquale-scidurlo-detto-linosPasquale

Ciò che pubblico riguarda Linos, Pasquale Scidurlo. E’ un pensiero che riguarda lui. Il pensiero spiazzato da una assenza inattesa.
L’angolo espositivo che nelle sua stretta via aveva creato era un angolo di poesia, che valorizzava il centro storico e che donava luminosità a quella traversa sbilenca della "via dei mercanti". E io sono stato un privilegiato, perché mi invitava sempre a visitare il suo laboratorio e mi telefonava sempre quando voleva realizzare una iniziativa culturale, quando aveva bisogno di una presentazione di una mostra, di un libro. L’ultima volta che sono andato appositamente a salutarlo ero in compagnia di una coppia di amici di Torino: non ha avuto esitazione a regalare loro una sua creazione artistica, perché lui regalava Monopoli a tutti. Era il suo modo di esprimere affetto per la sua città madre. Pasquale aveva in sé ingredienti esistenziali preziosi. Aveva un composto orgoglio di appartenere a Monopoli, la cui città rielaborava nelle sue delicate miniature artistiche, aveva gli occhi che si posavano sulla sua bellezza (e che producevano bellezza), aveva sviluppato senza deleghe politiche la sua ineguagliabile delicata ossessiva missione di diffondere il nome di Monopoli e il suo patrimonio storico-artistico e culturale in Lussemburgo. Era un ambasciatore umile, senza auto blu e senza abito blu. Il suo sguardo era orizzontale, restava sempre umile e dal basso riusciva ciò che si studia all’università. Ora che non c’è più, Monopoli ha perso una persona dal cuore grande e il vuoto che lascia richiede una riflessione sana sulla vita esemplare di Linos: dare priorità alle relazioni umane, illuminate dalla bellezza e indirizzate alle sue migliori espressioni. Che tristezza non incontrarti più, Pasquale.
http://www.pdmonopoli.it/11/09/2012/michele-suma-monopoli-ha-perso-una-persona-dal-cuore-grande/
 
Pasquale Scidurlo artista Monopoli piange per la scomparsa causata da un male incurabile, dell' artista e scultore Pasquale Scidurlo, detto «Linos». Monopolitano d' adozione, aveva Monopoli nel cuore. E' stato ambasciatore della «monopolitanietà in Lussemburgo, ove risiedono migliaia di emigranti. Appassionato di sport era stato impiegato della Asl e da qualche anno era in pensione. «Linos», è stato per tanti anni un punto di riferimento per l' arte presso le giovani generazioni alle quali cercava di inculcare l' amore per Monopoli. Celebri i suoi presepi e le mostre con il mare e i paesaggi monopolitani.
Ex impiegato Asl. Artista e scrittore locale, Linos si è speso molto per la crescita della città sia dal punto di vista artistico che sportivo.
Artista apprezzato in Lussemburgo; ricordiamo la sua passione per i presepi e le sue mostre sui fari d’Italia.
Un uomo dal cuore d’oro, un amico.
Con lui Monopoli perde un altro pezzo di storia, dopo le morti recenti di Antonio Comes, Vito Intini e l’on. Enrico Alba.
La salma sarà vegliata presso la Chiesa dell’Amalfitana di Monopoli.

Domani, 11 settembre, alle ore 16.30, presso la Chiesa di San Francesco d'Assisi, i funerali
La redazione di Monopoli live si stringe al dolore immenso che ha colpito la famiglia.
http://www.monopolilive.com/news/Cronaca/198672/news.aspx

venerdì 22 febbraio 2013

Monopoli:Il gozzo"u vozz"e Nicolò Lafronza"Mèste Coline"

 
ft Giovanni D'onghia-I gozzi (le cornute e a collo d'anatra)

L'occasione di conoscere meglio i gozzi, la più piccola barca da pesca usata dai pescatori monopolitani, ci è stata suggerita dai nostri affezionati lettori, la nostra forza.
Proprio loro, dopo aver letto l'articolo di ieri intitolato: "E' stata pulita l'area di Cala Porto Vecchio", ci hanno chiesto, numerosi, di approfondire l'argomento.
Infatti, nell'ultimo paragrafo, avevano accennato una curiosità strutturale dei gozzi, più comunemente detti in dialetto ‘u vozz'.
Allora ci siamo recati dal maestro Nicolò Lafronza, "Mèste Coline", (così è chiamato confidenzialmente in città), l'ultimo di una dinastia di maestri d'ascia, che ha la sua bottega in via Cadorna 70, nei pressi della Porta Vecchia e che si affaccia sul fossato delle mura del XVI secolo, oltre a sovrastare l'insediamento ipogeo di San Matteo dell'Arena.
Mèste Coline, ci spiega che i gozzi sono imbarcazioni tra i 13 e 18 palmi (3,5 - 4,8 metri), con poppa e prora a cuneo.
In passato montavano anche un albero con la vela latina, oltre tre o quattro remi, ed era impiegato nella pesca sotto costa.
A Monopoli sono colorati di blu, mentre a Polignano con il verde.
A Savelletri e Torre Canne, la marina di Fasano sono ancora chiamate "u schiff" dal veneziano "schifo" l'antico battello al servizio di una nave maggiore. U vozz, è un'imbarcazione che affronta normalmente il mare con la poppa e non la prora, non solo durante le operazioni di pesca ma anche durante la navigazione.
I vecchi gozzi, costruiti nel cantiere Lafronza a Cala Portavecchia avevano la caratteristica della prua a becco d'anatra, mentre quelli costruiti negli altri cantieri cittadini di Cala Fontanelle, come quelli dei Saponaro, (un'altra famiglia numerosa di maestri d'ascia), avevano sull'asta di prua la forcella a corna (da cui soprannominate le ‘cornute').

Nicolò Lafronza "Mèste Coline"

ft,di Donato Menga(Nicolò Lafronza nella sua bottega)

ft di Donato Menga(int.bottega di Mèste coline)
Ma chi è Nicolò Lafronza
"Mèste Coline", nasce a Monopoli il 27 Aprile 1946 da una famiglia di maestri d'ascia, dove ha imparato da bambino a costruire il gozzo dal padre Cosimo e il nonno Nicolò, più comunemente conosciuto col diminutivo dialettale di "Colettë" e con il soprannome di "gallin".
Il nonno Colettë imparò il mestiere di maestro d'ascia e di calafato presso il cantiere Saponaro.
Quando tornò dal fronte a conclusione della Prima Guerra Mondiale, chiese l'autorizzazione alle autorità del demanio di aprire un cantiere navale nei pressi dell'accesso a mare a Cala Porta Vecchia; che poco dopo ottenne.
Presto furono realizzate alcune baracche nei pressi dell'allora Stabilimento Balneare dei fratelli Calderaro, dove iniziarono a realizzare imbarcazioni per la pesca, tra cui il gozzo.
Colettë aveva sei figli: Giacomo, Luigi, Cosimo (il padre di ‘mèste Coline'), Ottavio, Andrea e Antonio che intrapresero tutti l'attività paterna.
Cosimo frequentò alcuni corsi di studi specifici conseguendo così la licenza di costruttore di imbarcazioni fino a 150 tonnellate.
Alcuni anni dopo i fratelli Lafronza erano considerati i più bravi costruttori di gozzi, di piccole imbarcazioni da pesca a motore e a remi e soprattutto apprezzati maestri calafati.
Proprio per la loro fama, erano molto richiesti nei vari cantieri navali delle vicine marinerie, tra cui quelli di Mola, Bari e Brindisi.
In questi cantieri si trasferivano, per brevi periodi, a eseguire lavori di calafataggio: con scalpelli e mazzuole di legno da loro stessi fabbricati infilavano con forza la stoppa di canapa catramata nelle fessure del fasciame di legno pregiato per rendere stagna l'opera viva.
Alcuni anni dopo, con l'avvento della vetroresina che prese il posto del legno, anche in questo settore giunse la crisi.
Quasi tutti i fratelli Lafronza furono costretti ad emigrare e cercare lavoro in altri cantieri del nord e all'estero.
A Monopoli restò solo Cosimo con il figlio Nicolò che continuarono, ancora per poco, l'attività di maestro d'ascia in una grotta adiacente alla sua abitazione di via Mazzini e poi in un locale in Largo Portavecchia.
Dal 1975 "Mèste Coline" prese in fitto il locale in via Cadorna 70 di proprietà del Comune, dove tutt'ora all'età di 65 anni, non pensando alla quiescenza, continua con l'orgoglio e la passione di sempre ad esercitare questa nobile arte, ormai al tramonto.


Il maestro d'ascia, scrittore e storico Vincenzo Saponaro in un recente incontro pubblico propose che con i numerosi arnesi e attrezzi che servono per la lavorazione del gozzo utilizzati nella bottega di Nicolò Lafronza si possa realizzare un Museo del mare: quando Nicolò naturalmente deciderà la chiusura della sua attività.
«Il rischio - affermò il noto maestro Vincenzo Saponaro - è che vadano perduti».

di Giovanni D'onghia.
foto di Donato Menga e Giovanni D'onghia
Gozzo Monopolitano,14 palmi disegno Vincenzo Saponaro





domenica 10 febbraio 2013

A Monopoli la piazza più bella egrande di Puglia.

 
 
La piazza principale della città di Monopoli, il Borgo, è un po' il palcoscenico del nostro Novecento.


ftweb-la fontana con elementi retorica nazionalistica,1928

 
L'intitolazione al re Vittorio Emanuele II, così come anche l'intitolazione del prolungamento dello stradone, a Corso Umberto I,inseriscono pienamente questi spazi nella storia del secolo scorso. Il borgo venne concepito come piazza moderna, luogo di incontro e di vita della città. I suoi 22.000mq ne fanno una delle piazze più belle e più grandi di Puglia.I lecci sono stati piantati nel 1893,mentre la piazza è stata ripavimentata nel 1981.  Il ventennio fascista vi si costruì due monumenti. Da un lato la fontana, con tutti gli elementi e i rilievi della retorica  nazionalistica, e dell'altro il monumento ai Caduti, inaugurato il 24 maggio del 1928 in onore dei 300 caduti monopolitani della Prima Guerra mondiale.Artista fu Edgardo Simone da Brindisi .La statua del fante combattente, nella prima versione, cadde durante la sistemazione e fu sostituita, nella nuova versione dell'eroe vittorioso, dal concittadino scultore Angelo Saponara. Attorno vi è la catena recuperata dall'ancora della corazzata "Benedetto Brin".                                                                

ftweb-Monopoli inizio 1900
ftweb-Monopoli piazza Vittorio Emanuele ,1928

Fonte dal libro" Monopoli nel 900,di Mimmo Muolo, Domenico Brigida, Martino Cazzorla, Giuseppe Cionti, Vito Intini.


 Edizione Vivere In, stampa 2001,
E-mail:edizioniviverein@tin.it



giovedì 7 febbraio 2013

2 febbraio-La Candelora a Monopoli. Tradizione e religione


candelora

E di colpo venne il mese di Febbraio. Diceva così qualche tempo fa Franco Battiato in ‘’Alexander Platz’’. E quando viene Febbraio, viene anche la Candelora. Come molte feste cristiane, anche questa viene da antichi usi pagani e in particolare da quello di accendere rami e sterpi per ‘’purificare’’ la terra in vista della Primavera: fu il Papa Gelasio I ad abolirla sostituendola con la festa della Candelora. Una ricorrenza che sancisce la fine del periodo più duro dell’inverno: essa chiude una parte dell’anno (quella dal 7 Gennaio al 1 Febbraio) che se ufficialmente si presenta come Tempo Ordinario, viene in realtà avvertita come un semi Natale, un tempo a metà strada fra la Croce e la Culla, oserei dire. La Candelora apre la strada che porta alle Ceneri e chiude le ante dei presepi, insomma. Una festa che a Monopoli presentava due declinazioni: una per il centro cittadino, l’altra per l’agro. In città le candele benedette nella sera della Candelora servivano per allontanare i pericoli del mare, le tempeste, i temporali; davanti alla candela o meglio, alla sua Luce, ‘’si invocavano i protettori locali, la Madonna della Madia, San Francesco da Paola o Sant’Irene, quest’ultima specializzata nel difendere la nostra città dalle saette del cielo nel corso del Settecento.” (Francesco Pepe). Tradizionalmente, con le candele della Candelora si toglieva anche Gesù Bambino dal Presepe, in una processione ‘’al contrario’’ rispetto a quella di Natale: al canto del Tu Scendi dalle Stelle il Bambinello, preso dalla sua culla, veniva riposto in una vetrina in attesa dell’anno successivo. In campagna la Candelora aveva un altro significato: indicava il passaggio verso la nuova stagione e il due Febbraio si scrutava il cielo cercando di capire le previsioni per i mesi venturi. Uno dei proverbi più famosi è ‘’A Canelòre, a vernate e ffore”, e cioè ‘’Alla Candelora, l’Inverno è fuori.” Riti e detti di un tempo, di una civiltà scomparsa o che sta scomparendo, ma testimonianze importanti di un dato fondamentale: ogni espressione della Religiosità Popolare ha a che fare con l’humus culturale in cui nasce: in campagna, la Candelora diventa speranza del raccolto: sul mare, la Candelora diventa luce di speranza per le mogli dei naviganti. A testimonianza di una natura duplice e inscindibile di Monopoli, che produce anche due religiosità differenti: la terra e il mare.
 
di Giovanni Brescia
 
 http://www.monopolitube.it/cultura/7263-la-candelora-a-monopoli-fra-mare-e-terra.html

 

venerdì 11 gennaio 2013

Monopoli:Come giocavano i ragazzi negli anni 1950/60?

 
I giochi di una volta , Monopoli negli anni 1950/60  Giochi della tradizione, Giochi di una volta.
 
I giochi di una volta  e la cultura del territorio l'espressione più autentica della cultura umana. sempre figlio del tempo e si adatta al contesto sociale nel quale si svolge. Recupero dei giochi tradizionali, per le giovani generazioni, rappresenta la riscoperta della propria storia culturale e materiale, delle proprie origini, del senso di appartenenza. Ricostruire la storia dei giochi nella tradizione di un territorio assume un profondo valore storico e antropologico. E la scuola dovrebbe promuovere progetti di studio sui giochi di una volta; non come ricerca episodica e fine a se stessa, ma come scelta didattica importante per la formazione del giovane. Il confronto delle varianti tecnologiche e delle regole con gli stessi giochi di altre zone geografiche ha un valore etneo-antropologico, non certo marginale per lo studio della storia locale dovessero scomparire la cultura e la memoria di giochi del passato, dei repertori ludici di marca a antropologica strettamente legati ai linguaggi, alle culture, alle assiologie delle singole comunità  sociali, allora si potrebbero suonare le campane a morto per il pianeta infanzia. Perché con la cultura del gioco scomparirebbe anche il bambino, sempre più espropriato, derubato, scorticato del suo mondo di cose e di valori e costretto a specchiarsi in culture non sue: prefabbricate, surgelate, imposte surrettiziamente dal mercato industriale, una delle componenti principali nella formazione psico-fisica dell'individuo; occasione di socializzazione e di apprendimento; formazione ed educazione. Il gioco stimola l'inventiva, la curiosità , l'ingegno, la manualità , la creatività ; abitua alla competizione, alla riflessione, al rispetto delle regole. Il gioco contribuisce a formare la mente e potenzia le abilità  fisiche e motorie; inoltre, rappresenta un vero e proprio allenamento che il bambino compie inconsapevolmente per avvicinarsi ed adattarsi alla società degli adulti. Giocando il bambino misura l'ambiente, prende coscienza dello spazio, misura le reazioni dell'adulto ed impara a vivere. L'attività ludica favorisce l'integrazione e non prevede differenze sociali o fisiche o di razza. Elementi essenziali del gioco sono: lo spirito da imitazione e la competizione , con le sue peculiarità di abilità , coraggio e valore sociale. Ma importante anche l'elemento emozionale, come piacere di far parte del gruppo, di partecipare al gioco, di sentirsi protagonista della gara, di mettersi alla prova e di riuscire a superare le difficoltà. Il gioco a piacere e regola. A parola e lingua, perché strettamente legato alla cultura ed ai linguaggi delle singole comunità sociali. Molti giochi hanno un fondo comune di tradizione, in quanto l'uno l'ha imparato dall'altro e, spostandosi, ha modificato e adattato ai nuovi ambienti e alle nuove abitudini; come avvenuto per le comunità  i cui usi e costumi hanno subito trasformazioni e osmosi a contatto con i popoli con cui sono venuti a contatto.sempre lo stesso modo di giocare, ma con diverse regole, e segno di originalità  e creatività. Svaghi, comuni a varie popolazioni dell'Europa, sono quello del cerchio, della palla, della trottola, della moscacieca. Nei giochi di una volta, la creatività e l'ingegno faceva che in una società  povera si costruiva con i materiali che c'erano a disposizione, ma la fantasia restava la materia prima. La bambola era di pezza come la palla, la macchinina era un carrettino di tavola con quattro ruote pure in legno, costruite dai più grandi ed esperti, prima ancora che arrivassero i cuscinetti a sfera. Oggi la grande produzione di giocattoli industriali, Tv ed il computer hanno ucciso non solo la creatività dei ragazzi, ma anche i rapporti di socializzazione del gioco. Hanno eliminato i segni educativi del gioco stesso: il movimento, la comunicazione, la fantasia, l'avventura, la costruzione, la socializzazione. Nei tempi passati, il gioco era di tipo creativo, collettivo di alto valore sociale. Si viveva in case piccole, poco comode, perciò la piazza era il laboratorio all'aria aperta di giochi semplici da parte di ragazzini indipendenti ed autonomi. Con poco si sopprimeva la noia. Ma dagli anni Sessanta del Novecento, con l'avvento dell'industrializzazione, l'aumento del benessere e del traffico, i bambini non giocano più in strada ed i giochi tradizionali vanno scomparendo. Ed oggi nella memoria dei più anziani restano con nostalgia i modelli di ingegneria, come i carrioli, costruiti applicando ad un asse di legno quattro ruote pure di legno, prima che comparissero i cuscinetti a sfera che permettevano di scendere in rapida corsa per strade non asfaltate. E poi tutti ricordano la fionda, ricavata da una forcella di legno duro alle cui estremità si legavano due elastici fissati ad un pezzetto di cuoio ovale, atta a lanciare piccole pietre capaci di dare la caccia agli uccelli, come rompere vetri e procurare danni in genere. E come far capire ai ragazzi di oggi che posseggono due  telefonini la gioia che procurava il telefono dei ragazzini di un tempo? Un filo teso tra due barattoli che portava la voce dalla bocca dell'uno all'orecchio dell'altro. E poi c'erano le gare con i tappi a corona delle bibite che correvano ai bordi dei marciapiedi; il gioco delle figurine dei calciatori o dei corridori.  giochi dimenticati tra cui quello delle pietruzza petra , quello della trottola, vecchio di seimila anni, u sbatti muru,a campana, a mazza e lu spizzangulu o stiraddru, il cerchio e tanti altri meriterebbero un attento lavoro di ricostruzione storica ed etnoantropologica, per la valorizzazione delle tradizioni e della cultura dei erritori


La girandola: cartoncino quadrato tagliare i quattro angoli
puntare le punte degli angoli con chiodino all'asta di legno.

Il monopattino: asse di legno e
 cuscinetti a sfera


Cerbottana :cannuccia di plastica e
proiettili di carta a mo' di cono.

La lippa:Mazza di legno e mazzuledo a mò
di palla da colf


Arco freccia:Ferri d'ombrello


Carriola:asse legno e cuscinetti a sfera

Fionda: forcella di legno duro, elastici di
camera d'aria, quadretto di cuoio, spago

La freccia serviva come giocattolo e come arma per la caccia di lucertole o di cavallette o di uccelli. Veniva confezionata con cura ed attenzione. La forcella nella maggior parte dei casi era ricavata dagli alberi d'ulivo; gli elastici venivano recuperati da vecchi guanti di para recuperati presso le fabbriche di piastrelle. L'assemblaggio dei pezzi richiedeva attenzione e collaborazione. Bisognava equilibrare gli elastici e trovare la giusta misura tra la forcella ed il cassiamo (pezzo di cuoio) cucito alle due estremità con dello spago per permettere di usare anche i pallini di piombo per la caccia.
 


MATERIALI: legno, mollette per panni, elastici di camera d'aria

Si trattava di un giocattolo che tutti i fanciulli si costruivano se volevano partecipare alla guerra che veniva organizzata fra le varie bande del paese. Era un pezzo di legno sagomato a forma di fucile sul quale si fissavano, con degli elastici ricavati dalle camere d'aria, delle mollette dei panni. Il fucile poteva essere ad uno a due a tre a quattro colpi ed i proiettili erano a due a tre... elastici a seconda della lunghezza del fucile. Stringendo la molletta dei panni, nella quale era fermato il proiettile, questo partiva andando a colpire il bersaglio

MATERIALI: cerchio di bicicletta, un pezzo di legno o una piccola canna

I fanciulli camminavano molto e andavano da un paese ad un altro dietro un semplice cerchio di bicicletta spinto da un pezzo di canna di cima o da un ramoscello d'ulivo. Questo andare così trotterellando dei ragazzi dietro una ruota era come seguire un motore che faceva muovere solo se stesso. Era come seguire se stessi ossia la propria dinamica la volontà espressa nel gioco Era un gioco consigliato da medico greco Ippocrate in uno dei suoi trattati di medicina circa 300 A.C

Le bimbe invece a moscacieca, gioco molto più composto e malizioso. Lo giocavano anche alla corte del Re Sole!



Gioco dei 5 sassi
Il gioco delle cinque pietre era una derivazione degli Aliossi. Cinque assi di forma rotonda grossi quanto una nocciolina costituivano il mezzo per passare ore ed ore a giocare. Il gioco si svolgeva sulle soglie delle case o nei cortili. I giocatori potevano essere diversi. Si faceva la conta per definire l'ordine dei gioco e ogni giocatore poteva entrare in gara solo quando il precedente aveva commesso un errore. Chi aveva commesso l'errore restava fermo un giro e ricominciava dalla posizione interrotta. Vinceva chi alla fine realizzava più punti dopo aver eseguito tutte le posizioni. Le posizioni dei gioco erano diverse: ad uno-, a due-, a tre-, a quattro-, a manu china (mano piena)-, a lassa e pija (lascia e prendi)-, a monaca-, a portone-, a forcella-, ad anello-, a taranta-, punti.


http://www.arte26.it/tradizioni_giochi.htm


http://www.salentu.com/Giochi/giochi_antichi.asp?id=5

-Foto dal web-  Tratti da Giocattoli di tradizione del Salento. Ed. CIPSS