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martedì 17 dicembre 2013

Maestro d'ascia Monopolitano,Saponaro Vincenzo



Fam.Saponaro  Maestri d'ascia anni 60

L'arte del maestro d'ascia affonda le sue radici lontano nel tempo,da quando l'uomo ha iniziato a costruire piccole imbacazioni per poter spingersi lungo la costa e pescare sia per trarne sostentamento che per intraprendere veri e propri scambi commerciali.
A Monopoli l'arte del maestro d'ascia giunge quasi certamente dai greci e romani che con le loro imbarcazioni approdarono nel porto di Egnazia,ma divenne un vero e proprio mestiere con il dominio dei veneziani nel XVI secolo,essendo quest'ultimi abili maestri nel costruire navi di ogni tipo e dimensione.
A favorire la costruzione delle navi fu anche l'enorme disponibilità di materia prima,il legno che proveniva dalla selva di Alberobello,ma anche dai boschi di Noci,Putignano e Gioia del Colle.Fino al 1600 il maestro d'ascia riassumeva in sè tutte le mansioni previste per la costruzione di una barca:la progettazione,la costruzione e la revisione finale,essendo l'unico detentore delle conoscenze che provenivano unicamente dalla sua esperienza e magari tramandate di padre in figlio.
A partire da questi anni e per tutto il secolo successivo,vi fu un proliferare di stusul campo;le discipline tecniche cominciarono ad occuparsi della progettazione delle navi,stilando i primi progrtti e creando di fatto una vera e propria competizione con le potenti famiglie dei maestri d'ascia che fecero di tutto per ostacolarne l'ascesa,temendo la perdita della supremazia.Naturalmente le richieste del mercato richiesero figure sempre più esperte ed una maggiore divisione del lavoro che non esclude il maestro d'ascia,detentore di un sapere prezioso,ma accentuò molto la presenza di figure professionali che si impegnarono nella progettazione.
 
Basti pensare che nel secolo appena trascorso,al legno si affiancorono altri materiali quali la vetroresina,l'acciaio,il compensato marin,il ferro cemento ed anche innovazioni in campo tecnico per l'alaggio e il varo di imbarcazioni di grandi dimensioni. La professione è attualmente definita dal codice navale.L'articolo 280 del regolamento afferma che il maestro d'ascia è abilitato a costruire e riparare navi e galleggianti in legno di stazza lorda non superiore alle centocinquanta tonnellate.Per conseguire l'abilitazione all'esercizio di tale professione occorre aver compiuto i ventuno anni di età,non aver riportate condanne
penali,aver lavorato per almeno trentasei mesi come allievo maestro d'ascia in un cantiero o stabilimento di costruzioni navali.
Monopolitanodoc


fonte:Cantieri famglia Saponaro
"Mare,Marinai e Maestri d'Ascia Monopolitani" di Saponaro Vincenzo,AGAM Edizioni,2009

testo a cura di Maria Marzolla

foto a cura di Angela Marasciulo

Servizio Civile 2012-Comune di Monopoli<<Progetto espressioni d'idendità>>,04 Giugno 2013

venerdì 22 febbraio 2013

Monopoli:Il gozzo"u vozz"e Nicolò Lafronza"Mèste Coline"

 
ft Giovanni D'onghia-I gozzi (le cornute e a collo d'anatra)

L'occasione di conoscere meglio i gozzi, la più piccola barca da pesca usata dai pescatori monopolitani, ci è stata suggerita dai nostri affezionati lettori, la nostra forza.
Proprio loro, dopo aver letto l'articolo di ieri intitolato: "E' stata pulita l'area di Cala Porto Vecchio", ci hanno chiesto, numerosi, di approfondire l'argomento.
Infatti, nell'ultimo paragrafo, avevano accennato una curiosità strutturale dei gozzi, più comunemente detti in dialetto ‘u vozz'.
Allora ci siamo recati dal maestro Nicolò Lafronza, "Mèste Coline", (così è chiamato confidenzialmente in città), l'ultimo di una dinastia di maestri d'ascia, che ha la sua bottega in via Cadorna 70, nei pressi della Porta Vecchia e che si affaccia sul fossato delle mura del XVI secolo, oltre a sovrastare l'insediamento ipogeo di San Matteo dell'Arena.
Mèste Coline, ci spiega che i gozzi sono imbarcazioni tra i 13 e 18 palmi (3,5 - 4,8 metri), con poppa e prora a cuneo.
In passato montavano anche un albero con la vela latina, oltre tre o quattro remi, ed era impiegato nella pesca sotto costa.
A Monopoli sono colorati di blu, mentre a Polignano con il verde.
A Savelletri e Torre Canne, la marina di Fasano sono ancora chiamate "u schiff" dal veneziano "schifo" l'antico battello al servizio di una nave maggiore. U vozz, è un'imbarcazione che affronta normalmente il mare con la poppa e non la prora, non solo durante le operazioni di pesca ma anche durante la navigazione.
I vecchi gozzi, costruiti nel cantiere Lafronza a Cala Portavecchia avevano la caratteristica della prua a becco d'anatra, mentre quelli costruiti negli altri cantieri cittadini di Cala Fontanelle, come quelli dei Saponaro, (un'altra famiglia numerosa di maestri d'ascia), avevano sull'asta di prua la forcella a corna (da cui soprannominate le ‘cornute').

Nicolò Lafronza "Mèste Coline"

ft,di Donato Menga(Nicolò Lafronza nella sua bottega)

ft di Donato Menga(int.bottega di Mèste coline)
Ma chi è Nicolò Lafronza
"Mèste Coline", nasce a Monopoli il 27 Aprile 1946 da una famiglia di maestri d'ascia, dove ha imparato da bambino a costruire il gozzo dal padre Cosimo e il nonno Nicolò, più comunemente conosciuto col diminutivo dialettale di "Colettë" e con il soprannome di "gallin".
Il nonno Colettë imparò il mestiere di maestro d'ascia e di calafato presso il cantiere Saponaro.
Quando tornò dal fronte a conclusione della Prima Guerra Mondiale, chiese l'autorizzazione alle autorità del demanio di aprire un cantiere navale nei pressi dell'accesso a mare a Cala Porta Vecchia; che poco dopo ottenne.
Presto furono realizzate alcune baracche nei pressi dell'allora Stabilimento Balneare dei fratelli Calderaro, dove iniziarono a realizzare imbarcazioni per la pesca, tra cui il gozzo.
Colettë aveva sei figli: Giacomo, Luigi, Cosimo (il padre di ‘mèste Coline'), Ottavio, Andrea e Antonio che intrapresero tutti l'attività paterna.
Cosimo frequentò alcuni corsi di studi specifici conseguendo così la licenza di costruttore di imbarcazioni fino a 150 tonnellate.
Alcuni anni dopo i fratelli Lafronza erano considerati i più bravi costruttori di gozzi, di piccole imbarcazioni da pesca a motore e a remi e soprattutto apprezzati maestri calafati.
Proprio per la loro fama, erano molto richiesti nei vari cantieri navali delle vicine marinerie, tra cui quelli di Mola, Bari e Brindisi.
In questi cantieri si trasferivano, per brevi periodi, a eseguire lavori di calafataggio: con scalpelli e mazzuole di legno da loro stessi fabbricati infilavano con forza la stoppa di canapa catramata nelle fessure del fasciame di legno pregiato per rendere stagna l'opera viva.
Alcuni anni dopo, con l'avvento della vetroresina che prese il posto del legno, anche in questo settore giunse la crisi.
Quasi tutti i fratelli Lafronza furono costretti ad emigrare e cercare lavoro in altri cantieri del nord e all'estero.
A Monopoli restò solo Cosimo con il figlio Nicolò che continuarono, ancora per poco, l'attività di maestro d'ascia in una grotta adiacente alla sua abitazione di via Mazzini e poi in un locale in Largo Portavecchia.
Dal 1975 "Mèste Coline" prese in fitto il locale in via Cadorna 70 di proprietà del Comune, dove tutt'ora all'età di 65 anni, non pensando alla quiescenza, continua con l'orgoglio e la passione di sempre ad esercitare questa nobile arte, ormai al tramonto.


Il maestro d'ascia, scrittore e storico Vincenzo Saponaro in un recente incontro pubblico propose che con i numerosi arnesi e attrezzi che servono per la lavorazione del gozzo utilizzati nella bottega di Nicolò Lafronza si possa realizzare un Museo del mare: quando Nicolò naturalmente deciderà la chiusura della sua attività.
«Il rischio - affermò il noto maestro Vincenzo Saponaro - è che vadano perduti».

di Giovanni D'onghia.
foto di Donato Menga e Giovanni D'onghia
Gozzo Monopolitano,14 palmi disegno Vincenzo Saponaro