Pagine

sabato 16 marzo 2013

Monopolitanodoc chi si riconosce?classe V ,anno 1965/66

 
 
Chi si riconosce?
classe V, anno 1965/66

Foto della,V classe , scuola elementare,anno scolastico 1965/66,c/o  edificio scolastico San Leonardo.
Appello:prima fila muro da sinistra:Todisco Carlo,Danese Raffaele,Leggiero Nicola,Fortunato Francesco,Selicato Gioacchino,Dendice Vito, Perrelli,Bagnardi,Grassi,Santostasi,Rota Antonio,
Appello:seconda fila da sinistra:Palmitessa Donato,Patruno Giuseppe,Scarafino Donato,Io Mario Rizzo,Mirizio Nicolò,Salerno Cosimo,Malerba Ignazio,Oliva Nicola,Otello Raffaele,Marasciulo Luca,Pepe Paolo,Tigre Vincenzo,Il Preside,il maestro Alò Stefano.

 

domenica 10 marzo 2013

Pasquale Scidurlo"Linos" Artista Monopolitanodoc


Pasquale Scidurlo"Paschel","Linos",
artista Monopolitano-doc, persona dal Cuore grande.


Pasquale Scidurlo" Paschel"
Sono rimasto molto dispiaciuto ad apprendere la morte di Pasquale Scidurlo "Paschel" in arte "Linos" a Monopoli era molto conosciuto e popolare. Paschel come ho appreso dai media locali, da qualche tempo combatteva con un male incurabile che lo ha colpito, l'ultima volta che ciò parlato è stato a Novembre 2011,in occasione delle mie rare rimpatriate visite nostalgiche alla mia amata Città Monopoli, camminando per via Garibaldi all'incrocio di via S. Angelo vedo Paschel era fuori dall'uscio della sua bottega, giornata di sole, col banchetto a creare personaggi con gusci di: noci, nocciole, tappi di sughero, stuzzicadenti, colla vinavil, e quant'altro materiale che ritenesse utile allo scopo, io rimasi a guardare il suo modo di creare. E in quell'occasione mi disse che stava lavorando alla preparazione dei presepi artistici ,invitato ad Isernia per una mostra sui presepi artistici usando materiale povero riciclato, dire bravo e poco, Maestro Si!. Su questo posso dire che Paschel, l'ho conosciuto sin dall'età scolare, io ho sempre avuto un debole per la manualità artistica per li legno, che creo tutto,grazie a Paschel dandomi tanti consigli come sa fare solo un vero Maestro "Mest" ,nella sua bottega di falegnameria in via Barbacane, perché Pasquale Scidurlo" Paschel" era un falegname ebanista ,già d'allora era un falegname di: idee moderne, innovativo, sperimentale, alle nuove mode di arredamento domestico abitativo, era il tempo delle cucine Salvarani, lui li riproduceva con stessi colori pastelli in (formica allora, oggi laminato),anni 60/70,la differenza che quelli di Paschel era vera opera (arte-artigiana), da lui ho costruito il mio primo modello navale l'incrociatore "Andrea Doria" della M.M.I. che questo modello l'ho dato alla A.N.M.I. sez. di Monopoli(BA),e poi...tutto il resto E'...storia di vita....Grazie Paschel! di tutto quello che mi ai insegnato!!!!...e...
monopolitanodoc.


blog di Scidurlo  Pasquale

Come hanno annunciato e scritto alcune delle testate di  stampa locale per la morte di Pasquale Scidurlo "Linos"   

L'artista, Pasquale Scidurlo, ama il mare. Ma ama soprattutto la natura, tanto che le sue opere sono state anche quella serie di pannelli che raffigurano masserie pugliesi, opere esposte ad aprile a Polignano. Il Linos pittore è tutt'uno con il Linos scultore: nascono così questi pannelli modernissimi, che hanno la sagoma dei castelli, dei trulli, degli affacci sul mare e il colore della fantasia. È proprio il sogno la dimensione in cui Scidurlo ama creare. Un artista poliedrico, che passa da una tecnica all'altra mantenendo il suo comune denominatore: il colore acceso, quasi irreale. Le forme cromatiche simboliche che accennano a sagome di fiori sono tutt'uno con le sculto pitture in legno, in cui il pittore e scultore monopolitano riproduce paesaggi con la propria personale interpretazione cromatica. La "fatica" di Pasquale Scidurlo nel costruire la sua opera d’arte ricorda quel lavoro "legnoso" degli artigiani del mare, i "Mest d’asc" che costruiscono le barche, che creano dal legno il viaggio per mare. Anche Linos ha creato dal legno il viaggio della fantasia e realisticamente naif - i suoi fari in legno sembrano già profumare di salsedine I materiali riciclati artisticamente di Linos (Pasquale Scidurlo)MONOPOLI - Un nuovo lutto sconvolge la città di Monopoli. Ieri sera, infatti, stroncato da un male incurabile si è spento l'artista Pasquale Scidurlo, detto Linos. E' stato ambasciatore della "monopolitanietà" in Lussemburgo, ove risiedono migliaia di emigranti, ha promosso numerose iniziative tese alla valorizzazione della storia, dell'arte ed in generale della cultura locale. Recentemente aveva aperto alcune botteghe d'arte nel centro storico, molto apprezzate dai monopolitani e dai turisti. La salma di Pasquale Scidurlo è vegliata presso la chiesa di Santa Maria Amalfitana, i funerali saranno celebrati questo pomeriggio alle 16.30 presso la chiesa di San Francesco d'Assisi.

http://www.faxonline.it/monopoli/cronaca/6010-addio-a-pasquale-scidurlo-detto-linosPasquale

Ciò che pubblico riguarda Linos, Pasquale Scidurlo. E’ un pensiero che riguarda lui. Il pensiero spiazzato da una assenza inattesa.
L’angolo espositivo che nelle sua stretta via aveva creato era un angolo di poesia, che valorizzava il centro storico e che donava luminosità a quella traversa sbilenca della "via dei mercanti". E io sono stato un privilegiato, perché mi invitava sempre a visitare il suo laboratorio e mi telefonava sempre quando voleva realizzare una iniziativa culturale, quando aveva bisogno di una presentazione di una mostra, di un libro. L’ultima volta che sono andato appositamente a salutarlo ero in compagnia di una coppia di amici di Torino: non ha avuto esitazione a regalare loro una sua creazione artistica, perché lui regalava Monopoli a tutti. Era il suo modo di esprimere affetto per la sua città madre. Pasquale aveva in sé ingredienti esistenziali preziosi. Aveva un composto orgoglio di appartenere a Monopoli, la cui città rielaborava nelle sue delicate miniature artistiche, aveva gli occhi che si posavano sulla sua bellezza (e che producevano bellezza), aveva sviluppato senza deleghe politiche la sua ineguagliabile delicata ossessiva missione di diffondere il nome di Monopoli e il suo patrimonio storico-artistico e culturale in Lussemburgo. Era un ambasciatore umile, senza auto blu e senza abito blu. Il suo sguardo era orizzontale, restava sempre umile e dal basso riusciva ciò che si studia all’università. Ora che non c’è più, Monopoli ha perso una persona dal cuore grande e il vuoto che lascia richiede una riflessione sana sulla vita esemplare di Linos: dare priorità alle relazioni umane, illuminate dalla bellezza e indirizzate alle sue migliori espressioni. Che tristezza non incontrarti più, Pasquale.
http://www.pdmonopoli.it/11/09/2012/michele-suma-monopoli-ha-perso-una-persona-dal-cuore-grande/
 
Pasquale Scidurlo artista Monopoli piange per la scomparsa causata da un male incurabile, dell' artista e scultore Pasquale Scidurlo, detto «Linos». Monopolitano d' adozione, aveva Monopoli nel cuore. E' stato ambasciatore della «monopolitanietà in Lussemburgo, ove risiedono migliaia di emigranti. Appassionato di sport era stato impiegato della Asl e da qualche anno era in pensione. «Linos», è stato per tanti anni un punto di riferimento per l' arte presso le giovani generazioni alle quali cercava di inculcare l' amore per Monopoli. Celebri i suoi presepi e le mostre con il mare e i paesaggi monopolitani.
Ex impiegato Asl. Artista e scrittore locale, Linos si è speso molto per la crescita della città sia dal punto di vista artistico che sportivo.
Artista apprezzato in Lussemburgo; ricordiamo la sua passione per i presepi e le sue mostre sui fari d’Italia.
Un uomo dal cuore d’oro, un amico.
Con lui Monopoli perde un altro pezzo di storia, dopo le morti recenti di Antonio Comes, Vito Intini e l’on. Enrico Alba.
La salma sarà vegliata presso la Chiesa dell’Amalfitana di Monopoli.

Domani, 11 settembre, alle ore 16.30, presso la Chiesa di San Francesco d'Assisi, i funerali
La redazione di Monopoli live si stringe al dolore immenso che ha colpito la famiglia.
http://www.monopolilive.com/news/Cronaca/198672/news.aspx

venerdì 22 febbraio 2013

Monopoli:Il gozzo"u vozz"e Nicolò Lafronza"Mèste Coline"

 
ft Giovanni D'onghia-I gozzi (le cornute e a collo d'anatra)

L'occasione di conoscere meglio i gozzi, la più piccola barca da pesca usata dai pescatori monopolitani, ci è stata suggerita dai nostri affezionati lettori, la nostra forza.
Proprio loro, dopo aver letto l'articolo di ieri intitolato: "E' stata pulita l'area di Cala Porto Vecchio", ci hanno chiesto, numerosi, di approfondire l'argomento.
Infatti, nell'ultimo paragrafo, avevano accennato una curiosità strutturale dei gozzi, più comunemente detti in dialetto ‘u vozz'.
Allora ci siamo recati dal maestro Nicolò Lafronza, "Mèste Coline", (così è chiamato confidenzialmente in città), l'ultimo di una dinastia di maestri d'ascia, che ha la sua bottega in via Cadorna 70, nei pressi della Porta Vecchia e che si affaccia sul fossato delle mura del XVI secolo, oltre a sovrastare l'insediamento ipogeo di San Matteo dell'Arena.
Mèste Coline, ci spiega che i gozzi sono imbarcazioni tra i 13 e 18 palmi (3,5 - 4,8 metri), con poppa e prora a cuneo.
In passato montavano anche un albero con la vela latina, oltre tre o quattro remi, ed era impiegato nella pesca sotto costa.
A Monopoli sono colorati di blu, mentre a Polignano con il verde.
A Savelletri e Torre Canne, la marina di Fasano sono ancora chiamate "u schiff" dal veneziano "schifo" l'antico battello al servizio di una nave maggiore. U vozz, è un'imbarcazione che affronta normalmente il mare con la poppa e non la prora, non solo durante le operazioni di pesca ma anche durante la navigazione.
I vecchi gozzi, costruiti nel cantiere Lafronza a Cala Portavecchia avevano la caratteristica della prua a becco d'anatra, mentre quelli costruiti negli altri cantieri cittadini di Cala Fontanelle, come quelli dei Saponaro, (un'altra famiglia numerosa di maestri d'ascia), avevano sull'asta di prua la forcella a corna (da cui soprannominate le ‘cornute').

Nicolò Lafronza "Mèste Coline"

ft,di Donato Menga(Nicolò Lafronza nella sua bottega)

ft di Donato Menga(int.bottega di Mèste coline)
Ma chi è Nicolò Lafronza
"Mèste Coline", nasce a Monopoli il 27 Aprile 1946 da una famiglia di maestri d'ascia, dove ha imparato da bambino a costruire il gozzo dal padre Cosimo e il nonno Nicolò, più comunemente conosciuto col diminutivo dialettale di "Colettë" e con il soprannome di "gallin".
Il nonno Colettë imparò il mestiere di maestro d'ascia e di calafato presso il cantiere Saponaro.
Quando tornò dal fronte a conclusione della Prima Guerra Mondiale, chiese l'autorizzazione alle autorità del demanio di aprire un cantiere navale nei pressi dell'accesso a mare a Cala Porta Vecchia; che poco dopo ottenne.
Presto furono realizzate alcune baracche nei pressi dell'allora Stabilimento Balneare dei fratelli Calderaro, dove iniziarono a realizzare imbarcazioni per la pesca, tra cui il gozzo.
Colettë aveva sei figli: Giacomo, Luigi, Cosimo (il padre di ‘mèste Coline'), Ottavio, Andrea e Antonio che intrapresero tutti l'attività paterna.
Cosimo frequentò alcuni corsi di studi specifici conseguendo così la licenza di costruttore di imbarcazioni fino a 150 tonnellate.
Alcuni anni dopo i fratelli Lafronza erano considerati i più bravi costruttori di gozzi, di piccole imbarcazioni da pesca a motore e a remi e soprattutto apprezzati maestri calafati.
Proprio per la loro fama, erano molto richiesti nei vari cantieri navali delle vicine marinerie, tra cui quelli di Mola, Bari e Brindisi.
In questi cantieri si trasferivano, per brevi periodi, a eseguire lavori di calafataggio: con scalpelli e mazzuole di legno da loro stessi fabbricati infilavano con forza la stoppa di canapa catramata nelle fessure del fasciame di legno pregiato per rendere stagna l'opera viva.
Alcuni anni dopo, con l'avvento della vetroresina che prese il posto del legno, anche in questo settore giunse la crisi.
Quasi tutti i fratelli Lafronza furono costretti ad emigrare e cercare lavoro in altri cantieri del nord e all'estero.
A Monopoli restò solo Cosimo con il figlio Nicolò che continuarono, ancora per poco, l'attività di maestro d'ascia in una grotta adiacente alla sua abitazione di via Mazzini e poi in un locale in Largo Portavecchia.
Dal 1975 "Mèste Coline" prese in fitto il locale in via Cadorna 70 di proprietà del Comune, dove tutt'ora all'età di 65 anni, non pensando alla quiescenza, continua con l'orgoglio e la passione di sempre ad esercitare questa nobile arte, ormai al tramonto.


Il maestro d'ascia, scrittore e storico Vincenzo Saponaro in un recente incontro pubblico propose che con i numerosi arnesi e attrezzi che servono per la lavorazione del gozzo utilizzati nella bottega di Nicolò Lafronza si possa realizzare un Museo del mare: quando Nicolò naturalmente deciderà la chiusura della sua attività.
«Il rischio - affermò il noto maestro Vincenzo Saponaro - è che vadano perduti».

di Giovanni D'onghia.
foto di Donato Menga e Giovanni D'onghia
Gozzo Monopolitano,14 palmi disegno Vincenzo Saponaro





domenica 10 febbraio 2013

A Monopoli la piazza più bella egrande di Puglia.

 
 
La piazza principale della città di Monopoli, il Borgo, è un po' il palcoscenico del nostro Novecento.


ftweb-la fontana con elementi retorica nazionalistica,1928

 
L'intitolazione al re Vittorio Emanuele II, così come anche l'intitolazione del prolungamento dello stradone, a Corso Umberto I,inseriscono pienamente questi spazi nella storia del secolo scorso. Il borgo venne concepito come piazza moderna, luogo di incontro e di vita della città. I suoi 22.000mq ne fanno una delle piazze più belle e più grandi di Puglia.I lecci sono stati piantati nel 1893,mentre la piazza è stata ripavimentata nel 1981.  Il ventennio fascista vi si costruì due monumenti. Da un lato la fontana, con tutti gli elementi e i rilievi della retorica  nazionalistica, e dell'altro il monumento ai Caduti, inaugurato il 24 maggio del 1928 in onore dei 300 caduti monopolitani della Prima Guerra mondiale.Artista fu Edgardo Simone da Brindisi .La statua del fante combattente, nella prima versione, cadde durante la sistemazione e fu sostituita, nella nuova versione dell'eroe vittorioso, dal concittadino scultore Angelo Saponara. Attorno vi è la catena recuperata dall'ancora della corazzata "Benedetto Brin".                                                                

ftweb-Monopoli inizio 1900
ftweb-Monopoli piazza Vittorio Emanuele ,1928

Fonte dal libro" Monopoli nel 900,di Mimmo Muolo, Domenico Brigida, Martino Cazzorla, Giuseppe Cionti, Vito Intini.


 Edizione Vivere In, stampa 2001,
E-mail:edizioniviverein@tin.it



giovedì 7 febbraio 2013

2 febbraio-La Candelora a Monopoli. Tradizione e religione


candelora

E di colpo venne il mese di Febbraio. Diceva così qualche tempo fa Franco Battiato in ‘’Alexander Platz’’. E quando viene Febbraio, viene anche la Candelora. Come molte feste cristiane, anche questa viene da antichi usi pagani e in particolare da quello di accendere rami e sterpi per ‘’purificare’’ la terra in vista della Primavera: fu il Papa Gelasio I ad abolirla sostituendola con la festa della Candelora. Una ricorrenza che sancisce la fine del periodo più duro dell’inverno: essa chiude una parte dell’anno (quella dal 7 Gennaio al 1 Febbraio) che se ufficialmente si presenta come Tempo Ordinario, viene in realtà avvertita come un semi Natale, un tempo a metà strada fra la Croce e la Culla, oserei dire. La Candelora apre la strada che porta alle Ceneri e chiude le ante dei presepi, insomma. Una festa che a Monopoli presentava due declinazioni: una per il centro cittadino, l’altra per l’agro. In città le candele benedette nella sera della Candelora servivano per allontanare i pericoli del mare, le tempeste, i temporali; davanti alla candela o meglio, alla sua Luce, ‘’si invocavano i protettori locali, la Madonna della Madia, San Francesco da Paola o Sant’Irene, quest’ultima specializzata nel difendere la nostra città dalle saette del cielo nel corso del Settecento.” (Francesco Pepe). Tradizionalmente, con le candele della Candelora si toglieva anche Gesù Bambino dal Presepe, in una processione ‘’al contrario’’ rispetto a quella di Natale: al canto del Tu Scendi dalle Stelle il Bambinello, preso dalla sua culla, veniva riposto in una vetrina in attesa dell’anno successivo. In campagna la Candelora aveva un altro significato: indicava il passaggio verso la nuova stagione e il due Febbraio si scrutava il cielo cercando di capire le previsioni per i mesi venturi. Uno dei proverbi più famosi è ‘’A Canelòre, a vernate e ffore”, e cioè ‘’Alla Candelora, l’Inverno è fuori.” Riti e detti di un tempo, di una civiltà scomparsa o che sta scomparendo, ma testimonianze importanti di un dato fondamentale: ogni espressione della Religiosità Popolare ha a che fare con l’humus culturale in cui nasce: in campagna, la Candelora diventa speranza del raccolto: sul mare, la Candelora diventa luce di speranza per le mogli dei naviganti. A testimonianza di una natura duplice e inscindibile di Monopoli, che produce anche due religiosità differenti: la terra e il mare.
 
di Giovanni Brescia
 
 http://www.monopolitube.it/cultura/7263-la-candelora-a-monopoli-fra-mare-e-terra.html

 

venerdì 11 gennaio 2013

Monopoli:Come giocavano i ragazzi negli anni 1950/60?

 
I giochi di una volta , Monopoli negli anni 1950/60  Giochi della tradizione, Giochi di una volta.
 
I giochi di una volta  e la cultura del territorio l'espressione più autentica della cultura umana. sempre figlio del tempo e si adatta al contesto sociale nel quale si svolge. Recupero dei giochi tradizionali, per le giovani generazioni, rappresenta la riscoperta della propria storia culturale e materiale, delle proprie origini, del senso di appartenenza. Ricostruire la storia dei giochi nella tradizione di un territorio assume un profondo valore storico e antropologico. E la scuola dovrebbe promuovere progetti di studio sui giochi di una volta; non come ricerca episodica e fine a se stessa, ma come scelta didattica importante per la formazione del giovane. Il confronto delle varianti tecnologiche e delle regole con gli stessi giochi di altre zone geografiche ha un valore etneo-antropologico, non certo marginale per lo studio della storia locale dovessero scomparire la cultura e la memoria di giochi del passato, dei repertori ludici di marca a antropologica strettamente legati ai linguaggi, alle culture, alle assiologie delle singole comunità  sociali, allora si potrebbero suonare le campane a morto per il pianeta infanzia. Perché con la cultura del gioco scomparirebbe anche il bambino, sempre più espropriato, derubato, scorticato del suo mondo di cose e di valori e costretto a specchiarsi in culture non sue: prefabbricate, surgelate, imposte surrettiziamente dal mercato industriale, una delle componenti principali nella formazione psico-fisica dell'individuo; occasione di socializzazione e di apprendimento; formazione ed educazione. Il gioco stimola l'inventiva, la curiosità , l'ingegno, la manualità , la creatività ; abitua alla competizione, alla riflessione, al rispetto delle regole. Il gioco contribuisce a formare la mente e potenzia le abilità  fisiche e motorie; inoltre, rappresenta un vero e proprio allenamento che il bambino compie inconsapevolmente per avvicinarsi ed adattarsi alla società degli adulti. Giocando il bambino misura l'ambiente, prende coscienza dello spazio, misura le reazioni dell'adulto ed impara a vivere. L'attività ludica favorisce l'integrazione e non prevede differenze sociali o fisiche o di razza. Elementi essenziali del gioco sono: lo spirito da imitazione e la competizione , con le sue peculiarità di abilità , coraggio e valore sociale. Ma importante anche l'elemento emozionale, come piacere di far parte del gruppo, di partecipare al gioco, di sentirsi protagonista della gara, di mettersi alla prova e di riuscire a superare le difficoltà. Il gioco a piacere e regola. A parola e lingua, perché strettamente legato alla cultura ed ai linguaggi delle singole comunità sociali. Molti giochi hanno un fondo comune di tradizione, in quanto l'uno l'ha imparato dall'altro e, spostandosi, ha modificato e adattato ai nuovi ambienti e alle nuove abitudini; come avvenuto per le comunità  i cui usi e costumi hanno subito trasformazioni e osmosi a contatto con i popoli con cui sono venuti a contatto.sempre lo stesso modo di giocare, ma con diverse regole, e segno di originalità  e creatività. Svaghi, comuni a varie popolazioni dell'Europa, sono quello del cerchio, della palla, della trottola, della moscacieca. Nei giochi di una volta, la creatività e l'ingegno faceva che in una società  povera si costruiva con i materiali che c'erano a disposizione, ma la fantasia restava la materia prima. La bambola era di pezza come la palla, la macchinina era un carrettino di tavola con quattro ruote pure in legno, costruite dai più grandi ed esperti, prima ancora che arrivassero i cuscinetti a sfera. Oggi la grande produzione di giocattoli industriali, Tv ed il computer hanno ucciso non solo la creatività dei ragazzi, ma anche i rapporti di socializzazione del gioco. Hanno eliminato i segni educativi del gioco stesso: il movimento, la comunicazione, la fantasia, l'avventura, la costruzione, la socializzazione. Nei tempi passati, il gioco era di tipo creativo, collettivo di alto valore sociale. Si viveva in case piccole, poco comode, perciò la piazza era il laboratorio all'aria aperta di giochi semplici da parte di ragazzini indipendenti ed autonomi. Con poco si sopprimeva la noia. Ma dagli anni Sessanta del Novecento, con l'avvento dell'industrializzazione, l'aumento del benessere e del traffico, i bambini non giocano più in strada ed i giochi tradizionali vanno scomparendo. Ed oggi nella memoria dei più anziani restano con nostalgia i modelli di ingegneria, come i carrioli, costruiti applicando ad un asse di legno quattro ruote pure di legno, prima che comparissero i cuscinetti a sfera che permettevano di scendere in rapida corsa per strade non asfaltate. E poi tutti ricordano la fionda, ricavata da una forcella di legno duro alle cui estremità si legavano due elastici fissati ad un pezzetto di cuoio ovale, atta a lanciare piccole pietre capaci di dare la caccia agli uccelli, come rompere vetri e procurare danni in genere. E come far capire ai ragazzi di oggi che posseggono due  telefonini la gioia che procurava il telefono dei ragazzini di un tempo? Un filo teso tra due barattoli che portava la voce dalla bocca dell'uno all'orecchio dell'altro. E poi c'erano le gare con i tappi a corona delle bibite che correvano ai bordi dei marciapiedi; il gioco delle figurine dei calciatori o dei corridori.  giochi dimenticati tra cui quello delle pietruzza petra , quello della trottola, vecchio di seimila anni, u sbatti muru,a campana, a mazza e lu spizzangulu o stiraddru, il cerchio e tanti altri meriterebbero un attento lavoro di ricostruzione storica ed etnoantropologica, per la valorizzazione delle tradizioni e della cultura dei erritori


La girandola: cartoncino quadrato tagliare i quattro angoli
puntare le punte degli angoli con chiodino all'asta di legno.

Il monopattino: asse di legno e
 cuscinetti a sfera


Cerbottana :cannuccia di plastica e
proiettili di carta a mo' di cono.

La lippa:Mazza di legno e mazzuledo a mò
di palla da colf


Arco freccia:Ferri d'ombrello


Carriola:asse legno e cuscinetti a sfera

Fionda: forcella di legno duro, elastici di
camera d'aria, quadretto di cuoio, spago

La freccia serviva come giocattolo e come arma per la caccia di lucertole o di cavallette o di uccelli. Veniva confezionata con cura ed attenzione. La forcella nella maggior parte dei casi era ricavata dagli alberi d'ulivo; gli elastici venivano recuperati da vecchi guanti di para recuperati presso le fabbriche di piastrelle. L'assemblaggio dei pezzi richiedeva attenzione e collaborazione. Bisognava equilibrare gli elastici e trovare la giusta misura tra la forcella ed il cassiamo (pezzo di cuoio) cucito alle due estremità con dello spago per permettere di usare anche i pallini di piombo per la caccia.
 


MATERIALI: legno, mollette per panni, elastici di camera d'aria

Si trattava di un giocattolo che tutti i fanciulli si costruivano se volevano partecipare alla guerra che veniva organizzata fra le varie bande del paese. Era un pezzo di legno sagomato a forma di fucile sul quale si fissavano, con degli elastici ricavati dalle camere d'aria, delle mollette dei panni. Il fucile poteva essere ad uno a due a tre a quattro colpi ed i proiettili erano a due a tre... elastici a seconda della lunghezza del fucile. Stringendo la molletta dei panni, nella quale era fermato il proiettile, questo partiva andando a colpire il bersaglio

MATERIALI: cerchio di bicicletta, un pezzo di legno o una piccola canna

I fanciulli camminavano molto e andavano da un paese ad un altro dietro un semplice cerchio di bicicletta spinto da un pezzo di canna di cima o da un ramoscello d'ulivo. Questo andare così trotterellando dei ragazzi dietro una ruota era come seguire un motore che faceva muovere solo se stesso. Era come seguire se stessi ossia la propria dinamica la volontà espressa nel gioco Era un gioco consigliato da medico greco Ippocrate in uno dei suoi trattati di medicina circa 300 A.C

Le bimbe invece a moscacieca, gioco molto più composto e malizioso. Lo giocavano anche alla corte del Re Sole!



Gioco dei 5 sassi
Il gioco delle cinque pietre era una derivazione degli Aliossi. Cinque assi di forma rotonda grossi quanto una nocciolina costituivano il mezzo per passare ore ed ore a giocare. Il gioco si svolgeva sulle soglie delle case o nei cortili. I giocatori potevano essere diversi. Si faceva la conta per definire l'ordine dei gioco e ogni giocatore poteva entrare in gara solo quando il precedente aveva commesso un errore. Chi aveva commesso l'errore restava fermo un giro e ricominciava dalla posizione interrotta. Vinceva chi alla fine realizzava più punti dopo aver eseguito tutte le posizioni. Le posizioni dei gioco erano diverse: ad uno-, a due-, a tre-, a quattro-, a manu china (mano piena)-, a lassa e pija (lascia e prendi)-, a monaca-, a portone-, a forcella-, ad anello-, a taranta-, punti.


http://www.arte26.it/tradizioni_giochi.htm


http://www.salentu.com/Giochi/giochi_antichi.asp?id=5

-Foto dal web-  Tratti da Giocattoli di tradizione del Salento. Ed. CIPSS

 


lunedì 7 gennaio 2013

I Giochi Antichi: Il monopattino di Mario!

Il Monopattino di Mario che andava veloce....velocissimo.


Chi di noi (che abbiamo almeno 50-60 anni di età) non ricorda con nostalgia gli allegri e spensierati periodi della propria gioventù? Chi di noi, abitando in città, non ricorda i giochi fatti per la strada, nelle varie piazzette sotto casa, assieme ai compagni. Allora si poteva, non vi erano grandi pericoli, giravano poche automobili, e al massimo si rischiava una sgridata dagli "anziani", che come noi "vivevano" molto tempo in strada, ed erano magari infastiditi per i nostri schiamazzi.
Monopoli(BA) come tutte le altre città, aveva questa vita quotidiana e i giochi erano stagionali che i ragazzi facevano erano simili a quelli delle altre realtà urbane. L'unica differenza poteva essere il dialetto che veniva parlato.
Ecco alcuni tra i giochi più noti che allora si facevano, ma che non hanno età, e la loro origine si perde nei secoli scorsi:
 


MATERIALI: due assi di legno, un pezzo di muraletto, pezzi di ferro, viti ad occhelio, chiodi, colla, colore.

Costruirsi il monopattino era il massimo a cui un bambino aspirava in fatto di giocattoli. Per realizzarlo occorrevano due cuscinetti a sfera, delle viti ad occhello per lo snodo del monopattino e due assi di legno lunghe almeno 70 cm.; spesse 2 cm. e larghe 10, un pezzo di legno per il manubrio. Nelle due assi di legno bisognava praticare degli incassi per sistemare i cuscinetti opportunamente sistemati su di un pezzo di legno duro (il manico della scopa della mamma). Nella parte inferiore per collegare e tenere insieme le due assi di legno si collocavano le viti ad occhello, tre sull'asse verticale tre sull'asse orizzontale o meglio sul pezzo di muraletto inchiodato sulla stessa asse, negli occhelli delle viti si introduceva un ferro che serviva da snodo. A questo punto il monopattino era fatto.
 Si metteva il piede sull'asse orizzontale e con l'altro piede si spingeva fino a prendere velocità: il paese
 Il carrettone era simile al monopattino con la differenza :aveva 4 cuscinetti a mò di auto da F1 spinta da un compagno più forte e resistente,venivano organizzate anche corse.
 Il Carrettone
Tratti da Giocattoli di tradizione del Salento.Ed.CIPSS
 
http://www.salentu.com/Giochi/giochi_antichi.asp?id=5
 

giovedì 27 dicembre 2012

Fantasma"La Signora con il tamburo al Castello Carlo V,di Monopoli

 
 

ftweb, Monopoli castello Carlo V

Quando negli anni sessanta
ero ragazzino, giocavo con altri ragazzi
coetanei sul porto vicino al castello o dietro al molo Margherita "ret i càscin" la mia mamma anche le altre per spaventarci  specialmente di sera, non fate tardi"sèe nò ièss à signòra co ù tàmborr vi pegn è vi pàrt con ièdd miraccùmenn fègn mè"(non fate tardi se nò esce la signora con il tamburo vi prende e vi porta con sè,mi raccomanda figlio mio),ci riuscivano a
spaventarci sempre, era buio.
Strane presenze, fantasmi che infestano castelli. Anche a Monopoli, Il Castello Carlo V , abbiamo dal fantasma noto come "a fèmn e tàmborr","a signora co u tàmborr" ovvero la donna o la signora con il tamburo. La leggenda è diffusa soprattutto fra le famiglie monopolitani di pescatori e tutti quelli che abitavano nel centro storico vicino al porto zona castello, quando escono con i pescherecci per andare a lavorare narrano di udire, a volte, il suono di un tamburo. La sequenza ritmica proviene sempre dallo stesso punto, ovvero il balconcino che si affaccia sul mare del Castello "Carlo V". Qualcuno sostiene di aver visto, nella notte o all’alba, una figura femminile con abiti bianchi e un tamburo. Altri, invece, sostengono che il fantasma si aggiri sul Molo Margherita, luogo frequentato abitualmente dalle coppiette in cerca di intimità: in questo caso la donna col tamburo li disturberebbe per preservare la castità delle ragazze monopolitane. L’ultima ipotesi che spiegherebbe la presenza della "donna con il tamburo" a Monopoli è legata alla dominazione spagnola: secondo alcuni, infatti, si tratterebbe di una donna spagnola che risiedeva ne castello con il proprio consorte il quale, partito per via mare, non fece più ritorno a casa avendo perso la vita a causa di un naufragio nelle acque antistanti il porto, il famoso Porto Aspergo di Monopoli, difficilmente accessibile e luogo di naufragi per tante navi. Da quel giorno, la donna disperata, nella speranza che il marito faccia ritorno a Monopoli, suona il tamburo per indicargli la giusta rotta. Qualcuno potrebbe anche sorridere di fronte a tal sorta di "storie", nate forse come racconti del focolare, ma si tratti di leggenda o realtà, o forse entrambe le cose, viaggiare nel mondo di quelli che potremmo definire "fantasmi di casa nostra", rappresenta un tentativo di recuperare quegli elementi di cultura popolare orale, straordinariamente ricca, tramandatasi nel tempo e giunta fino ai nostri nonni e che oggi, nell’epoca della multimedialità e dell’informatica, rischi di sparire, nonostante l’indubbio fascino che potrebbe continuare ad esercitare anche al giorno d’oggi.
Cosimo Lamanna
Monopolitanodoc





 ftweb, Monopoli castello Carlo V



ftweb, Monopoli fantasma "la signora con il tamburo"


fonte:
email:linformatore@libero.it
 

sabato 15 dicembre 2012

Monopoli,La Madonna della Madìa:Mistero,religiosità e leggenda.

Monopoli, l'Icona della Madonna della Madia

 Correva l'anno del Signore 1117 e delle serie difficoltà economiche impedivano la costruzione della cattedrale di Monopoli.Malgrado l'attuale vescovo Romualdo non mancasse di citare i fedeli alla preghiera, non si riuscivano a trovare le travi necessarie per completare il tetto dell'opera sacra.
La Santissima Madre non tardò però ad esaudire le preghiere dei suoi figli. Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1117,la Madonna apparve in sogno al sacrestano della cattedrale di nome Mercurio, consegnandogli un messaggio per il vescovo: le travi, tanto agognate dal prelato per la costruzione del tetto della Basilica, erano già al porto. Per tre volte il sacrestano si recò dal vescovo, per riferirgli che le travi erano già disponibili, ma questi, scettico, non prestò importanza alle parole di Mercurio, ricacciandolo d'ubriachezza. Ma nel cuore della notte, al fine di vincere l'incredulità del vescovo, gli angeli fecero suonare miracolosamente tutte le campane della città, allarmando sia il popolo che il clero, al punto da spingere tutti i cittadini a riunirsi al porto. Qui galleggiava una grande zattera(La Madia) con sopra l'icona. Al porto, il vescovo per tre volte, memore del triplice rifiuto precedente, si ritirò a largo. Solo dopo aver compreso la sua mancanza di fede, Romualdo riuscì ad afferrare il quadro e tenendolo stretto a se, seguito dalla folla di fedeli, lo depose nella cattedrale, dando così vita alla prima processione della Madonna della Madia.
Le travi dell'imbarcazione di fortuna furono immediatamente recuperate ed utilizzate per il completamento dell'opera. Anticamente, in occasione della festa, piccoli frammenti dei sacri legni venivano distribuiti ai fedeli come reliquie. Oggi le travi sono ancora venerate in una cappella dell'attuale cattedrale barocca(1742-70).Dopo il novecento anni risultano essere ancora al tatto fresche e vive. Altre ne sorreggono il tetto, oltre la volta in pietra, come nella precedente basilica romanica a cui si rifà il miracolo della Vergine.
Oggi come allora, la notte del 16 dicembre e la sera del 14 agosto in occasione della festa dell'Assunzione della Vergine,l'icona della Madonna della Madia arriva su una zattera scortata da pescatori e marinai. I subacquei completano la processione sott'acqua e guidano con le loro torce la zattera verso il molo dove, ad attendere la miracolosa immagine, ci sono fedeli e il vescovo della diocesi. La legenda sembra confermata all'ipotesi  del naufragio di una grossa nave da carico ,armata da un certo Euprasio e partita da Costantinopoli. Un'altra ipotesi vuole la produzione dell'icona direttamente in Italia,ad opera di iconografi bizantini, attorno al 1280.
La recente memoria popolare ci tramata che durante li secondo conflitto mondiale, laddove vi fosse un'immagine della Madonna della Madia non sarebbe avvenuto alcuno scoppio a seguito del bombardamento anglo-americani.

Simbolismo religioso dell'Icona della Madonna della Madia.



.L'Icona detta della" Madia",dalla parola spagnola, ma di origine araba,<<Amadia>>che indica proprio la zattera è una tempera su tavola. L'immagine è del tipo Odigitria,ed ha la peculiarità di reggere col braccio sinistro il Figlio, il quale a sua volta regge con il suo sinistro la Legge; entrambe le destre indicano il movimento tipico delle icone verso lo spettatore.L'occhio destro della Madre esattamente sulla linea di centro dell'icona attira l'attenzione dei suoi figli, mentre con la destra, ed il capo lievemente inclinato, conduce al Figlio, indicandolo. Ancora una volta con la sua destra Gesù benedice il fedele con l'anulare unito al pollice, raffigurante la natura umana e divina che si incontrano, mentre le altre tre dita rappresentano la S.S. Trinità. La posizione esattamente centrale della mano del Bimbo conclude il movimento partito dalla Madre e raffigurato interamente sulla linea di centro dell'immagine. Le lumeggiature e fili d'oro del vestito di Gesù disposti a forma di raggi di sole sono espressione della Sua regalità. La Madre stessa con il braccio sinistro ne è il trono. Le gambe incrociate annunciano i momenti della passione, mentre la fronte alta, tipica di una persona matura indicano la consapevolezza del Piccolo della Sua Missione. Tornando alla sua sinistra è in evidenza il rotolo tenuto da Gesù che ci rimanda anche all'Apocalisse(5,1),dove il Signore in trono ha un libro" a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno sigillato con sette sigilli" se si misura la distanza fra una linea obliqua e l'altra e si completano con le linee nascoste sotto la mano di Gesù si vedrà infatti con facilità che sono esattamente sette. Nessuno sa cosa c'è scritto in quel rotolo, ma ognuno spera che ci sia scritto il proprio nome, infatti la tradizione vuole che la settima introduzione alla "coroncina" dedicata alla Madonna della Madia reciti O Maria S.S. della Madìa, Voi che sapete il segreto di quel foglio, scrivetelo Voi potentissima Madre e sarò salvo".


Ancora e non a caso sulla sinistra, ai piedi di Gesù, vi è una figura più piccola: un abate dell'Ordine di S. Basilio(l'attribuzione è certa poiché il religioso indossa un saio nero),dalla parte opposta un diacono che reca in mano un lungo cero.Altra caratteristica dell'Icona è la mancanza delle scritture liturgiche MHP OY(Mèter Theoù=Madre di Dio)ed IC XC(Iesoùs Christòs=Gesù Cristo) per l'identificazione dei personaggi sacri raffigurati (caratteristica importante nella tradizione bizantina, per l'ammissione al culto delle icone).Le aureole a racemi rilevati in pastiglia rimandano alle produzioni cipriote o crociate. Le tre stelle sul manto della Vergine(una è coperta dal Cristo)indicano la perpetua verginità di Maria: prima, durante e dopo il parto. Un particolare espediente pittorico, poi, permette alla Vergine di osservare il visitatore posto in qualsiasi posizione prospettica. Il suo doppio manto, indica la sua natura spirituale e umana, lei, creatura, figlia di suo Figlio, madre di Dio e madre dell'umanità. Il retro dell'icona, in modo assai originale,rappresenta una mappa celeste, ove risulta abbastanza chiara la costellazione dell'orsa maggiore.

ftw Monopoli, interno chiesa Madonna della Madìa
 Preghiera alla Madonna della Madìa

di Don Armando Dorsi

Madonna della Madìa,
Stella del mattino,
guida della chiesa verso la verità, la vita.
Ti chiamerò luce, ti chiamerò speranza.
Ave Maria, Ave Maria.
Madonna della Madìa, nostra sorella e madre,
mostra a noi tuo Figlio, segno di grazia e perdono.
Ti chiamerò vita, ti chiamerò certezza.
Madonna della Madìa, venuta a noi dal mare,
sei madre premurosa di questa città che a te s'affida.
Ti chiamerò pace, ti chiamerò fermezza.
Madonna della Madìa, Monopoli ti loda: canta a te il    suo grazie, narra le gioie, le sue pene
                                              Ti chiamerò madre, ti chiamerò dolcezza.
 


ft web Monopoli, l'evento Madonna della Madìa



ft web Monopoli, l'icona


ft web Monopoli, opera pittorica Madonna della Madìa
ft web Monopoli, icona Madonna della Madia